"...L’obiettivo è stato quello di creare un lavoro artistico estremo, che non tenesse conto delle convenzioni (sia della poesia che della canzone) e che affrontasse alcuni importanti temi filosofico-esistenziali, senza paura di non piacere a un pubblico. Puri e liberi. Senza compromessi. Con la convinzione però che, trattandosi di temi che riguardano la nostra esistenza e quindi tutti noi, avrebbero bene o male incontrato il favore di molti, se non di tutti..." da Vi diremo le parole che non volete sentire

giovedì 9 giugno 2016

Cap. 15 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

15 - Il mondo come l’avrei immaginato

“E di cosa parlate?” aggiunse il padre.
“Gli sto pian piano raccontando una storia.”
“Il suo prossimo libro?”
“No, si tratta di qualcosa di più di un libro. È una storia vera.” Ebbe un ripensamento e precisò: “O quasi.”
“Magari un giorno la racconta anche a me.”
“Sì, certo, va bene, a meno che non la sappia già.”
Per la seconda volta quel giorno il bambino vide che l’angolo destro della bocca gli si era piegato in quello che sembrava ancora l’accenno di un sorriso. O forse era semplicemente un piccolo tic della vecchiaia, una spasmo involontario di un muscolo della faccia.
Il padre a quel punto salutò e si diresse verso casa, raccomandando al bambino di non fare tardi per il pranzo. Appena il padre fu abbastanza distante da non poter essere sentito, il bambino disse: “Ma quello che mi stai raccontando è il tuo nuovo libro?”
“No, non scrivo più. Ho smesso, forse per sempre. Adesso voglio scrivere la vita.”
“Che cosa vuol dire?”
“Sento che è arrivato il momento. Doveva arrivare prima o poi. Devo tornare. Reimmergermi nel flusso Prima non ero pronto. Persino pensavo che non sarei mai stato pronto. Ora invece lo so. Lo devo fare. Sì, potrei morire, ma ne sarà sempre valsa la pena.”
Il bambino lo stava guardando con gli occhi sgranati, stupito dal fatto che si potesse morire per vivere. Il prete, quelle volte che suo padre l’accompagnava in chiesa, diceva sempre che tutti dobbiamo morire, lui l’aveva interpretato che si dovesse vivere per morire, non che per vivere veramente si dovesse prima morire. Il concetto gli fece venire un certo mal di testa, così ripartì alla carica dicendo: “Continuiamo la storia?”
“Sì, certo, facciamo la storia,” disse il vecchio e proseguì: “Cosa stavo dicendo... sì... dicevo che eravamo come angeli che volavano felici sul mondo... ma la nostra donna, ti ricordi? quella donna bellissima di cui ti stavo parlando, aveva la vita dentro di sé e, per quanto cercasse di neutralizzarla, non era in grado di trattenerla, non riusciva a fare a meno di bruciarla, una sigaretta dopo l’altra, un amore dopo l’altro...”
“Che cosa vuol dire? Non capisco.”
“Ehm... ebbe altri uomini, altre storie.”
“Anche se stava con il suo ragazzo?”
“Sì.”
“Mia mamma non è così!”
“...Immagino di no.”
“Perché lo faceva?”
“Te l’ho detto, ci sono cose che non si possono controllare. Puoi impedire ad un fiore di sbocciare, convincerlo a non farlo, usando la logica per dimostrare che sarebbe sbagliato? Puoi dire al Sole di non sorgere perché non vuoi più vedere il mondo sotto la sua luce impietosa? No, no, non si può. Mi ricordo, c’erano dei giorni che i suoi occhi erano così luminosi e tersi, di un azzurro così profondo e soffice. Mi faceva vedere il mondo come l’avrei immaginato...”
Su quelle ultime parole si fermò, forse accorgendosi che si stava ripetendo. Il bambino avrebbe voluto togliergli gli occhiali per vedere i suoi occhi. Mentre il silenzio si prolungava cominciò a pensare come avrebbe immaginato il mondo. La sola, semplice domanda lo cambiò. Si guardò intorno, smarrito.


La prima di tutte le donne

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