"...L’obiettivo è stato quello di creare un lavoro artistico estremo, che non tenesse conto delle convenzioni (sia della poesia che della canzone) e che affrontasse alcuni importanti temi filosofico-esistenziali, senza paura di non piacere a un pubblico. Puri e liberi. Senza compromessi. Con la convinzione però che, trattandosi di temi che riguardano la nostra esistenza e quindi tutti noi, avrebbero bene o male incontrato il favore di molti, se non di tutti..." da Vi diremo le parole che non volete sentire

martedì 7 giugno 2016

Cap. 8 "La prima di tutte le donne" di Piero Olmeda

8 - La bellezza di quelle prime ore

Quando il racconto finì anche il vento smise di spirare.  Un sole intenso fece la sua comparsa tra due cumuli di nuvole nere riscaldando l’aria fredda del mattino. La bellezza di quelle prime ore stava nel fatto che ogni volta sembrava un nuovo inizio. I giorni passavano stanchi uno dopo l’altro ma in quei minuti poco dopo l’alba sembrava che tutto fosse ancora possibile, che fosse possibile ricominciare una seconda vita, eliminare il ricordo per sempre, rifarsi di nuovo alla luce chiara di un nuovo giorno. Alla bellezza di quei momenti seguiva però sempre l’assoluta nudità del sole di mezzogiorno, che illuminava pietrificandolo il futuro, costringendo il vecchio a ripetere gli stessi movimenti, le stesse azioni, gli stessi circolari pensieri. Non aveva scampo in quel suo inferno personale. Era stato condannato a ripetere sempre le stesse cose, a percorrere sempre le stesse strade attraverso il suo personale labirinto, senza aver mai la possibilità di uscirne. 
È per questo che, dopo aver finito il racconto della malattia, si volse verso il bambino come in attesa, come se si aspettasse che gli indicasse la strada che l’avrebbe ricondotto tra le strade del mondo.
Quest’ultimo invece si mise a corrergli attorno e, mentre correva, gli fece una domanda difficile, a cui non sarebbe stato facile rispondere: “Ma cosa c’entra? È stata una donna? È lei che ti ha passato il virus? È diventata cieca anche lei?”
Il silenzio si protrasse a lungo, troppo a lungo. Il vecchio cercò le parole giuste dappertutto senza trovarle. Cominciò a balbettare, incerto tra la verità diretta e indiretta, tra la sincerità e la dolce falsità, tra la fantasia e il realismo. Infine disse: “Fu solo il caso. Una cosa successe prima ed un’altra dopo. Se qualcosa accade prima di qualcosa d’altro non è detto che la prima sia la causa e la seconda l’effetto. Ad esempio... c’è un rapporto tra una farfalla che si è posata su un fiore di melo in qualche paese lontano e il frutto che è cresciuto sull’albero del cortile di casa?” Si fermò e poi chiese: “...Mi credi?”
Il bambino si fermò nel suo girotondo interminabile e disse: “Non so. Ci devo pensare.” Si lasciò cadere sulla sabbia bagnata e con voce esitante aggiunse: “Non so. Dovresti raccontarmi quello che è successo prima.”
“Prima... no, non te lo posso dire.”
“Ma me l’avevi promesso, l’avevi promesso!”
“No, no.”
“Allora perché mi hai raccontato degli occhi?”
“Pensavo che volessi saperlo.”
“Io aspetto, non mi muovo finché non mi hai detto tutto. Ecco, mi metto qui, proprio qui, così non puoi continuare la passeggiata verso il faro.”
Il vecchio alzò le due mani in alto, sembrò quasi che volesse colpire il bambino, poi le abbandonò sui fianchi e chiese: “Che cosa vuoi sentire?”
“Che cosa vuoi dire?”
“Vuoi una storia o la verità?”
“La verità, la verità!”
“Già... adesso te la racconto, se proprio vuoi.”
“Sì, comincia.”
“C’era una volta una ragazza... cioè... una volta prima dell’altra volta che ti ho raccontato... c’era una seconda volta… il giorno prima di quella notte che mi attaccò il virus, che presi quella terribile... influenza agli occhi. Eravamo in auto con alcuni amici a chiacchierare. Non la vedevo da un po’ di tempo...”



La prima di tutte le donne

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